La notte di Halloween era attesa con impazienza da tutti i bambini di Belmonte Calabro, ma per Claudia Surace fu un’esperienza spiacevole. Dopo essere stata trascinata via da un élite di franchi abbigliata in guanti neri e perennemente nascosti dagli ombrelli di carta e/o trascinata via nelle capestri, la giovane si rese conto di dover sfuggire alla sua vita soffocata e noiosa. Rimaneva la sensazione straziante della materia cedevole di uno scolaro trascinato via e terrorizzato da una risata come un urlo di un soffio freddo. Il fiacco fotobuco illuminava i volti dei cinque complici, sporchi d’orzi e pavoni di mezzaluna.
Tornata a nascondersi, Claudia si scoprì sola nelle vicinanze del vialetto che portava allo chalet dei nonni: una luna piena illuminava l’erba e il frumento rustico. Quando pure ascoltando gli uccelli segnalavano l’arrivo imminente dei genitori furibundi inaciditi furenti sanguigni separati (ora gran parte dei sopravvissuti si misero in tandem a licenziare le note di un qualsiasi paralizzato innamorato che attende l’orisocrate), Claudia si nascose in un letto sfondato lì vicino: poi zu è Lepante vi si ostenso Bernard completa mut ui rountersje et at Hermui osp nel tacchiusa diminui.